
Come gestire le crisi nei bambini
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Ciò su cui vorrei focalizzarmi in questo articolo è illustrare come la disabilità di un figlio (congenita o acquisita) può venire vissuta dalla famiglia, quali sono le reazioni possibili e quando è opportuno richiedere un aiuto. Infatti svariati studi mostrano come i genitori ed i familiari assumono un ruolo fondamentale nel caratterizzare un ambiente facilitante e può essere importante richiedere un supporto psicologico per affrontare le molte “sfide” e compiti a cui si è sottoposti.
“Affrontare il tema della disabilità significa esplorare un universo al centro del quale ci sono persone, famiglie e contesti di vita.”
Come può reagire la famiglia alla notizia della disabilità del proprio figlio?
Si tratta di un avvenimento spesso traumatico, che può creare un sentimento di perdita ed un conseguente lutto da elaborare per la famiglia rispetto alle aspettative che si erano create. Queste reazioni, che di per sè sono fisiologiche, potrebbero diventare patologiche, pertanto se dovessero perdurare nel tempo sarebbe opportuno rivolgersi ad un supporto psicoterapeutico, utile ad affrontare il processo che va dallo shock iniziale all’ “accettazione” della nuova condizione.
Si riscontra tra le famiglie la tendenza ad una “gestione privata della disabilità”, con lo scopo di mantenere segreta una realtà familiare che può suscitare compassione da parte della comunità e quindi una diminuzione della propria autostima. Riuscire a fare ciò in realtà è alquanto impossibile, poiché il bambino è inevitabilmente protagonista di processi comunicativi che lo rendono “trasparente” ed esposto al giudizio degli altri, coinvolgendo così tutto il resto della famiglia.
La nascita di un bambino con disabilità, o comunque il momento della scoperta della disabilità, rappresenta un fenomeno dirompente, tale da produrre una crisi profonda all’interno del ciclo di vita familiare. Vi sono infatti dei momenti cruciali, che spesso coincidono con le tappe principali della crescita del figlio, che impongono ai familiari nuovi problemi di adattamento e che aumentano chiaramente con la crescita del figlio, anche se in modo diversificato per diversi tipi di disabilità. Ad esempio il momento dell’ingresso a scuola è una fase di passaggio molto delicata, soprattutto quando l’alunno con disabilità non è in grado di condividere le linee essenziali dei programmi svolti in classe.
Anche la disabilità nell’età adulta pone tutta una serie di problemi evolutivi cruciali, poiché talvolta la gravità del problema costituisce una difficoltà oggettiva all’emancipazione del soggetto dalle figure familiari. Talvolta invece tale emancipazione è ostacolata soprattutto dalle barriere psicologiche che relegano la persona con disabilità al ruolo di eterno bambino, negando per esempio i bisogni e le possibilità legati alla sfera sessuale.
Ma come affrontare un momento di crisi?
La parola “crisi” richiama in tutti noi l’immagine di un qualcosa di negativo e quindi, per la maggior parte degli individui, la crisi è qualcosa da evitare o da allontanare il prima possibile. In realtà la crisi non è altro che un momento cruciale nella vita di ognuno di noi e di svolta, necessario per avviare ad un processo di cambiamento. Infatti nella fase di crisi emerge, da parte del soggetto interessato, un approccio differente all’equilibrio prima raggiunto: può non essere più soddisfacente, oppure può aver soddisfatto la funzione che svolgeva fino a quel momento. La crisi inoltre permette di comprendere quali sono le risorse individuali e familiari a nostra disposizione e come tali risorse possano essere sfruttate per raggiungere una maggiore consapevolezza di sé.
La fase di accettazione
Accettare la condizione di disabilità è un processo in continua evoluzione, sottoposto a sfide evolutive sempre nuove, che include al suo interno spesso una gamma di reazioni positive e di adattamento della famiglia, promosse anche dalla constatazione che i figli possono essere in molti modi fonte di soddisfazione per i loro familiari. Un primo motivo di soddisfazione risiede nell’esperienza stessa dell’essere genitore. I grandi o piccoli traguardi evolutivi raggiunti sono fonte di autostima e di ammirazione nei confronti del figlio, proprio in relazione all’impegno e alla costanza che hanno richiesto.
Altri aspetti positivi possono essere:
- l’osservazione che alcune preoccupazioni che creavano disagio nella famiglia prima della diagnosi, ora non sono più motivo di ansia;
- il riavvicinamento emotivo con un familiare o un amico oppure una rinnovata capacità di godere delle piccole gioie quotidiane quando esse si presentano.
Riconoscere un momento di crisi, affrontarlo e superarlo rappresenta per l’individuo l’opportunità di una rinascita grazie alla quale è possibile conoscere meglio la propria personalità e imparare a guardare con occhi diversi ad eventi che prima apparivano terribili ed insormontabili.
In tali condizioni di difficoltà, la psicoterapia ha come obiettivo quello di attuare interventi per favorire la crescita ed il raggiungimento della consapevolezza di sé, sia nella persona con disabilità che nel nucleo familiare di cui fa parte. Permette inoltre di acquisire le risorse utili a fronteggiare con più successo le difficoltà a cui tale situazione li espone.
Il Centro PsicoCare offre percorsi di Terapia Familiare e un Equipe di psicologi psicoterapeuti ognuno specializzato in diverse aree di intervento.
Questo post è stato scritto dalla Dott.ssa Federica Foti e pubblicato dalla redazione di PsicoCare