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Diversi studi condotti su campioni di giovani consumatori hanno dimostrato che l'uso della cannabis mette a rischio la salute mentale. Non possiamo negare che l’uso di cannabis sia un attuale, ma anche passato, fenomeno che coinvolge una discreta percentuale di persone. Si stima che almeno un terzo della popolazione Italiana almeno una volta nel corso della vita abbia fatto uso di sostanze psicotrope illegali. L’aspetto più preoccupante però è legato all’evidenza che l’età del promo utilizzo negli ultimi anni sia calata drasticamente. Si stima addirittura che il 45% degli utilizzatori abbia un’età compresa tra i 15 e 34 anni.
La possibilità di comunicare, incontrarsi e muoversi molto velocemente ha facilitato l’accesso al reperimento della sostanza ed a sicuramente contribuito a diminuire l’età in cui i giovani adolescenti ricercano e fanno “l’esperimento del primo utilizzo”. Più di un terzo di essi però non si limita a soddisfare la curiosità del primo tentativo ma persiste nell’utilizzo ripetendo l’esperienza più e più volte e ricorrendo così nel rischio di sviluppare una forma di dipendenza.
Quando l’uso di cannabis può essere definito dipendenza?
Il DSM, il Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali, indica che per un periodo di dodici mesi è sufficiente la presenza di due criteri tra gli undici possibili per diagnosticare in un soggetto il Disturbo da uso di Cannabis (CUD). Tra gli undici criteri compaiono ad esempio i seguenti: – il consumo di cannabis si protrae o è più massiccio di quanto era nelle proprie intenzioni – si tenta, senza successo, di interrompere o controllarne l’uso – una buona parte del proprio tempo è impiegata nell’uso o nella ricerca della cannabis (anche se la maggior parte dei consumatori non si rende conto di ciò e non giudica eccessivo il tempo speso nella ricerca della sostanza o nel riprendersi dai suoi effetti) – l’uso ostacola nel raggiungimento dei propri impegni o doveri lavorativi, scolastici e sociali – l’uso persiste anche conoscendone gli effetti problematici sulla propria salute fisica e psicologica – si cessa di prendere parte ad attività sociali e ricreative in cui prima si era coinvolti – si manifestano sintomi di tolleranza e astinenza. (Con il termine tolleranza intendiamo l’effetto per cui per ottenere gli stessi effetti legati all’uso della sostanza il soggetto è costretto ad aumentare la dose assunta mentre parliamo di astinenza quando ci riferiamo alla comparsa di sintomi spiacevoli quali irritabilità, difficoltà a dormire, umore depresso, ecc.. all’interruzione del consumo di cannabis dopo un suo massiccio o prolungato utilizzo.
I risultati degli studi sulle conseguenze dell’uso di cannabis
Spesso le persone che abusano di una sostanza tendono a minimizzarne i sintomi. È noto ai più che l’uso di cannabis possa provocare problemi e disagi come ad esempio ripetute assenze sul posto di lavoro, mancanza di interesse per le attività scolastiche o inadempienza agli obblighi familiari. Le difficoltà legate ai rapporti con l’ambiente esterno non sono le sole a manifestarsi, diversi studi si sono concentrati sull’analizzare l’impatto che l’uso di sostanze contenenti cannabinoidi può avere sulla salute mentale dell’individuo. Praticamente tutti gli studi sul tema confermano la presenza di una relazione tra il consumo elevato di cannabis e l’aumento del rischio di sviluppare un disturbo psicotico, come ad esempio la schizofrenia. Quando si parla di disturbi psicotici o di psicosi, si fa riferimento ad un disturbo psichiatrico che si esprime prevalentemente tramite un’alterazione dell’equilibrio psichico dell’individuo che si può manifestare con deliri, allucinazioni, compromissione dell’esame di realtà. Tra questi studi, i più recenti confermano addirittura una relazione di tipo “dose-dipendente”, cioè un maggior consumo di cannabis aumenta proporzionalmente il rischio che si sviluppino i sintomi psicotici. Per questo motivo un intervento precoce a livello giovanile si rende necessario per scongiurare il rischio che l’abuso della sostanza si protragga eccessivamente nel tempo.
Effetti negativi a lungo termine dell’uso di cannabis per la salute mentale
Spesso quando si chiede ai ragazzi che frequentemente fanno uso di cannabis il perché di tale consumo rispondono che li aiuta a regolare l’umore, il sonno o gli stati di dolore. Riferiscono ad esempio che durante l’uso sperimentano sensazioni di euforia o che riescono a controllare meglio la rabbia e a non pensare ai problemi che li riguardano. Sebbene quindi spesso l’avvio al consumo di cannabis derivi da una necessita di regolare il proprio umore verso un’affettività più positiva il rischio a lungo termine è invece quello opposto di sviluppare sintomi d’ansia e depressivi. In Australia è stato condotto uno studio longitudinale su oltre tremila individui: se ne sono osservate le abitudini, l'uso di cannabis e lo stato di salute mentale dalla nascita fino ai 21 anni. Quest’osservazione ripetuta nel tempo ha permesso di rilevare che:
gli adolescenti che iniziano a consumare cannabis prima o attorno ai 15 anni e continuano a 21 anni è più probabile che da adulti riportino sintomi di ansia e depressione.Inoltre, il legame tra precoce uso della sostanza e sviluppo di sintomi d’ansia e depressivi in età adulta è risalutato essere indipendentemente dal background familiare di provenienza.
Consultare dei professionisti che sappiano consigliare le migliori modalità di intervento ai primi segni di uso di sostanze illecite come la cannabis può aiutare sia i diretti interessati che i loro familiari a prevenire il manifestarsi di spiacevoli conseguenze a lungo termine.
Il presente articolo "Cannabis e salute mentale" è stato scritto e pubblicato dalla redazione di PsicoCare