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Se stai cercando un modo per migliorare le tue relazioni o tenti di recuperare una relazione difficile può esserti utile capire cos’è l’ascolto attivo ed imparare ad utilizzarlo. A chiunque piace “piacere”, è un desiderio comune quello di avere amici che ci comprendono, di vivere relazioni serene, di essere sicuri che i nostri conoscenti abbiano di noi una buona opinione, o ancora, che le persone che stimiamo ci apprezzino. Nelle nostre relazioni con gli altri la maggior parte del tempo cerchiamo l’armonia, l’equilibrio. Certamente capitata di vivere delle incomprensioni quando ci sono delle divergenze di opinione o quando i nostri gusti, la nostra etica, il nostro valore morale si scontra con altri punti di vista che corrono su binari diversi. Ma nonostante le divergenze, nelle nostre relazioni quotidiane con i figli, il partner o i colleghi di lavoro non solo è desiderato ma anche importante trovare un’intesa. Nel desiderio di migliorare le proprie relazioni molti si sforzano di trovare la cosa giusta da dire, si preoccupano di dare consigli virtuosi o di suggerire nuove strategie o modi di risolvere i problemi innovati.
Cosa è importante per avere relazioni armoniose?
Ma saper cosa dire, trovare le giuste parole o dare i giusti consigli è davvero importante per intrattenere relazioni armoniose? Quando due persone interagiscono la tendenza comune è quella di focalizzarsi su sé stessi pensando a cosa dire per sembrare competenti e affidabili. La tecnica dell’ascolto attivo ci suggerisce di cambiare strategia: anziché preoccuparci di cosa dovremmo dire ci suggerisce di imparare a prestare attenzione e comprendere. Comprendere l’altro non vuol dire mostrarsi d’accordo con tutto ciò che dice ma ascoltare con interesse le sue parole. Nello scambio, quando due persone comunicano si verifica un processo circolare in cui vi sono due parti, parlante e ascoltatore, i cui ruoli si alternano a vicenda. Il ruolo dell’ascolto è purtroppo sottovalutato. La maggior parte delle persone eguaglia l’ascoltare al comprendere frasi e parole ma questa definizione restrittiva è inadeguata. Nella comunicazione il linguaggio verbale rappresenta solo circa il 30% dell’intero processo, il resto della comunicazione avviene attraverso i canali non verbali: la mimica, la postura, il colorito del volto, le espressioni del viso, i gesti delle mani, i movimenti del corpo e molto altro ancora.
Siete capaci di ascoltare?
Non vogliamo suggerirvi di diventare esperti lettori del linguaggio del corpo ma portarvi piuttosto a domandarvi sono capace di ascoltare? Mentre l’altro parla vi preoccupate di cosa dire voi appena finisce? Quando un’altra persona vi racconta un suo problema o un fatto che gli è accaduto mentre parla tendete a recupere dalla vostra memoria un’esperienza analoga a quella che vi sta raccontando così da proporgliela per convincerlo della vostra comprensione verso la sua situazione? Nell’ascolto attivo la maggior parte delle risorse non vanno destinate a sé stessi ma all’altro; se siamo fisicamente presenti ma la nostra mente anziché analizzare ogni aspetto del messaggio dell’altro si concentra sulle proprie esperienze, su memorie del passato o sulla formulazione delle parole da dire necessariamente decresce la nostra capacità di cogliere i dettagli più sottili del racconto. Ascolto attivo, significa sorpassare il significato delle parole e cogliere la coerenza tra racconto ed emozioni, significa stabilire un rapporto empatico. In altri termini non è sufficiente udire parole e comprendere argomenti, ma bisogna saper cogliere sentimenti, pensieri e opinioni che essi nascondono. Nelle relazioni sincere ed efficaci l’intesa si stabilisce tramite l’ascolto attivo, tramite cioè la capacità di mettersi nei panni dell’altro per capire come si sente.
Ascoltare richiede uno sforzo
Ascoltare attivamente richiede uno sforzo maggiore del parlare, soprattutto per oltrepassare la ricerca del piacere procurato dal parlare di sé stessi. Una ricerca condotta dagli scienziati del laboratorio di neuroscienze cognitive ed affettive dell’Harvard University ha dimostrato che parlare di sé stessi attiva le aree cerebrali associate a gratificazione e piacere (gli stessi circuiti che si attivano ad esempio quando mangiamo qualcosa che ci piace). Parlare di sé è quindi fisiologicamente gratificante, anche quando non c’è nessuno che ascolta. Sebbene sapersi raccontare sia importante per rielaborare i propri vissuti e per crescere grazie ai feedback esterni, per trovare un punto di incontro che permetta il dialogo e costruire uno scambio costruttivo è indispensabile ci siano dei momenti in cui si mette da parte l’ego e ci si dedica all’ascolto attivo dell’altro.
Tre consigli utili
Ci vuole tempo e autocontrollo per poter cambiare i propri modi di fare, ma veder migliorare i propri rapporti interpersonali sarà la gratificazione che vi convincerà a persistere in nuove abitudini e nuovi modi di interagire.
Ecco dunque 3 consigli per un buon ascolto attivo:
- Non interrompere l’altro mentre parla.
- Prova a metterti nei panni dell’altro.
- SPiuttosto che fornire opinioni o soluzioni assicurati di aver capito ricapitolando ciò che ti ha detto.
Per chi vuole approfondire l’argomento due contributi video:
Questo articolo è stato scritto e pubblicato dalla redazione di PsicoCare